Un’istituzione nel mondo enologico internazionale, che ha portato il vino italiano in ogni emisfero terrestre.Siamo a Barbaresco, un paesino delle Langhe di neanche 600 anime adagiato sulle colline subito a Nord-Est di Alba, dove Angelo Gaja è nato nel 1940. Tra le vigne e vini rossi c’è cresciuto, perché tanto il padre quanto il nonno producevano vino in quella che è tuttora la sede aziendale. Ovviamente, gli spazi e le attrezzature sono sensibilmente cresciuti, ma la passione e l’artigianalità sono immutate. La famiglia Gaja ha iniziato a produrre vino a Barbaresco, nelle Langhe, già nel 1859, con il bisnonno Giovanni, ma l’orientamento alla qualità arriva con il nonno Angelo e, soprattutto, la nonna Clotilde Rey, che Angelo (l’attuale) ha poi consegnato all’immortalità insieme alla primogenita Gaia sull’etichetta del suo primo vino bianco (“Gaia & Rey” appunto), uno dei migliori Chardonnay al mondo. La vigna è piantata da Angelo nel 1979 e il vino vede la luce nel 1983; matura 6-8 mesi in barrique. Il sensibile sviluppo dell’azienda vitivinicola avviene con il papà Giovanni, che amplia il patrimonio di vigneti acquistando anche quelli che oggi rappresentano i gioielli di famiglia, i cru Sorì San Lorenzo, Costa Russi, Sorì Tildin e Darmagi, dai quali Angelo ha poi creato i suoi capolavori, ovvero i tre Barbaresco omonimi e il Langhe DOC di taglio bordolese. A proposito di quest’ultimo, quando Angelo decise di confrontarsi con Cabernet e Merlot, per farlo, espiantò una vecchia vigna a Barbaresco, allor che il papà esclamò proprio “darmagi!”, che in dialetto piemontese significa “peccato!”.Oggi il brand significa 92 ettari di proprietà condotti nel pieno rispetto della natura, per una produzione di circa 350.000 bottiglie annue. Bottiglie preziose, che rispecchiano perfettamente la personalità di Angelo, o meglio il suo modo di intendere il vino.L’idea del nome di famiglia protagonista sulla bottiglia la ebbe il papà Giovanni, mentre l’impostazione cromatica è di Angelo: il nero è il passato, andato, intoccabile (“sul nero non ci puoi più scrivere…”), mentre il bianco rappresenta il futuro. Che un giorno sarà consegnato ai figli. I vini Gaja hanno personalità, anima, che non significa semplicemente produrre eccellenti uve (in un’ottica di qualità che inizia già nella potatura invernale della vigna) e poi accostarle magistralmente in bottiglia o mantenute in purezza (come, ad esempio, nel celebre Barbaresco), ma saper rispettare la tradizione senza avere paura di essere al passo con i tempi. E questo Angelo lo ha capito benissimo e ha saputo racchiuderlo nei propri vini.
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